La festa delle capanne è una delle tre feste di pellegrinaggio prescritte nella Torà, feste durante le quali gli ebrei dovevano recarsi al Santuario a Gerusalemme, fino a quando esso non fu distrutto dalle armate di Tito nel II secolo e.v. Altri nomi della festa sono "Festa del raccolto" e anche "Festa della nostra gioia", poiché cade proprio in coincidenza con la fine del raccolto quando si svolgevano grandi manifestazioni di gioia. Questa festa è detta anche "festa dei tabernacoli" e il precetto che la caratterizza è proprio quello di abitare in capanne durante tutti i giorni della festa. Se a causa del clima o di altri motivi non si può dimorare nelle capanne, vi si devono almeno consumare i pasti principali. Altri nomi della festa sono "Festa del raccolto" e anche "Festa della nostra gioia", poiché cade proprio in coincidenza con la fine del raccolto quando si svolgevano grandi manifestazioni di gioia. La capanna deve avere delle dimensioni particolari e deve avere come tetto del fogliame piuttosto rado, in modo che ci sia più ombra che luce, ma dal quale si possano comunque vedere le stelle. E’ uso adornare la sukkà, la capanna, con frutta, fiori, disegni e così via. La sukkà non è valida se non è sotto il cielo: l’uomo deve avere la mente e lo spirito rivolti verso l’alto. Un altro precetto fondamentale della festa è il lulàv: un fascio di vegetali composto da un ramo di palma, due di salice, tre di mirto e da un cedro che va agitato durante le preghiere. Forte è il significato simbolico del lulàv: la palma è senza profumo, ma il suo frutto è saporito; il salice non ha né sapore né profumo; il mirto ha profumo, ma non sapore ed infine il cedro ha sapore e profumo. Sono simbolicamente rappresentati tutti i tipi di uomo: tutti insieme sotto la sukkà. Secondo un’altra interpretazione simbolica la palma sarebbe la colonna vertebrale dell’uomo, il salice la bocca, il mirto l’occhio ed infine il cedro il cuore(www.marsspirit.ilcannocchiale.it).

 
 
 
 
 
   
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